Chi è l’autore dell’opera generata dall'IA? Si possono usare contenuti prodotti da terzi e protetti da copyright per “addestrare” modelli di intelligenza artificiale? Ma se l’acquisizione dei dati coperti da copyright avviene legittimamente, allora anche l’opera generata dal modello di IA sarebbe lecita? Una risposta arriva dall’avvocato Lydia Mendola, partner dello Studio legale Portolano Cavallo, che sul tema ha un’area specializzata.
Autore: Redazione InnovationCity
Negli ultimi mesi il tema dell'intelligenza artificiale (IA) generativa è sempre più al centro del dibattito mediatico. La capacità dei modelli di IA generativa di “digerire” migliaia di documenti come testi o immagini (che possono o meno essere protette dal copyright) per poi “produrre” contenuti che possono apparire dotati di una certa creatività, ha portato molti a interrogarsi sulla possibilità di tutelare l’output di questi modelli ricorrendo al diritto d’autore. Chi è l’autore dell’opera generata da una IA? Si possono usare contenuti protetti da diritto d’autore per alimentare i sistemi IA?
Una risposta arriva da Lydia Mendola, partner dello Studio legale Portolano Cavallo:
Si possono usare contenuti prodotti da terzi e protetti da copyright per “addestrare” modelli di intelligenza artificiale?
“Su questo ci sono molti dubbi. La maggior parte dei sistemi di IA viene addestrata utilizzando enormi quantità di contenuti raccolti dal web (testi, codici, immagini, ecc.), tramite l’attività di scraping, ma sulla legittimità del ricorso a questa tecnica non è possibile dare una risposta univoca. Negli Stati Uniti la dottrina del fair use è invocata per legittimare l’attività di raccolta massiva di contenuti digitali, ovvero per legittimare l’uso di materiale eventualmente protetto dal diritto d’autore altrui in assenza di autorizzazioni da parte del titolare del copyright. Questa dottrina non trova, però, immediata e diretta applicazione nell’ordinamento italiano o europeo. Questo non significa che il legislatore europeo e quello italiano non si siano posti il problema del bilanciamento tra i diritti e gli interessi degli autori e degli altri titolari dei diritti da un lato, e degli utenti, dall'altro, rispetto ad alcuni nuovi tipi di utilizzo delle opere digitali. Con l’introduzione dell’eccezione “Test and Data mining” contenuta nella Direttiva sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale, l’attività di estrazione massiva di dati digitali e la loro riproduzione è consentita liberamente a condizione che l'uso delle opere e degli altri materiali estratti non sia stato espressamente “riservato” dai titolari dei diritti in modo appropriato. In altre parole, sono i titolari dei diritti di esclusiva che si devono attivare, con mezzi opportuni, per proteggere le proprie opere e fare in modo che non siano oggetto di attività di estrazione massiva di dati. Quanto alle modalità con cui tale riserva debba essere espressa e portata a conoscenza dei terzi, il legislatore italiano non dà indicazioni specifiche. Più precisi invece sono stati per esempio il legislatore tedesco o quello olandese”.
Ma se l’acquisizione dei dati coperti da copyright avviene legittimamente, allora anche l’opera generata dal modello di IA sarebbe lecita?
“Anche laddove un modello di intelligenza artificiale sia addestrato utilizzando legittimamente contenuti tutelati dal diritto d’autore altrui, questo non esclude che l’output del modello di AI possa comunque integrare una violazione del diritto d’autore. Pensiamo a un modello di intelligenza artificiale “da testo a immagine”. Se il modello viene addestrato su molti milioni di immagini e utilizzato per generare nuove immagini, è estremamente improbabile che ciò costituisca una violazione del copyright in quanto il risultato finale sarà molto diverso dalle opere originali. Ma se come modello si utilizzassero immagini di uno specifico artista, con l’obiettivo di generare lavori che riproducano il suo stile, la sua tecnica, e quindi confondibili con una sua opera originale, allora l'artista in questione potrebbe opporsi alla circolazione e sfruttamento della nuova opera generata dal modello di IA, anche laddove non abbia espresso a monte alcuna riserva rispetto allo scraping dei suoi contenuti. Potrebbe per esempio lamentare la sussistenza di un plagio evolutivo, che ricorre quando l’opera originaria (plagiata) è comunque riconoscibile nella nuova opera. E a questo punto la domanda diventa: chi è il responsabile della possibile attività illecita? Chi è il responsabile del plagio? Il modello di intelligenza artificiale generativa, il suo programmatore, l’azienda che possiede la relativa piattaforma, o l’utente che ha interrogato il modello di intelligenza artificiale per ottenere l’opera plagiaria? Anche in questo caso, la risposta non è univoca e sarà necessario indagare gli step del processo creativo che ha portato alla produzione di un certo contenuto”.