Sono scarse o nulle le conoscenze sulle norme che regolano la privacy in ambito sanitario, con il timore che i dati sensibili dei pazienti possano essere divulgati o usati a fini di marketing. Questi sono solo alcuni dei timori dei professionisti della sanità che cercano occasioni di formazione e nuovi strumenti per dialogare con i loro pazienti.
Autore: Redazione InnovationCity
Privacy e sanità. Quando avviene una comunicazione che prevede la condivisione di dati sensibili, a maggior ragione se legati alle nostre condizioni di salute, ognuno di noi desidera che tutto sia mantenuto nel massimo riserbo e che le normative in materia siano rispettate alla lettera. Compito del professionista, a tutela della privacy dei pazienti, è far sì che la gestione delle comunicazioni con il paziente sia perfettamente aderente al quadro normativo. Ma quanti medici sanno, ad esempio, cosa prescrive il General Data Protection Regulation (GDPR) e quanto effettivamente curano gli aspetti legati alla privacy nell’ambito del rapporto medico-paziente? Per dare risposta a queste e ad altre domande, MioDottore – piattaforma leader in Italia e nel mondo specializzata nella prenotazione online di visite mediche e diagnostica e provider di soluzioni digitali – ha condotto un sondaggio che ha coinvolto 200 medici di medicina generale e specialisti e 1.250 pazienti.
Ecco dunque che alla domanda “Quando scegli un mezzo di comunicazione per contattare i tuoi pazienti, quanto consideri importante la sua conformità alle normative di materia privacy?”, la maggior parte dei medici non ha dubbi: il 46% risponde “importante” e il 32% “molto importante”, avendo quindi chiara l’esigenza di assicurare il riserbo delle informazioni condivise con il paziente. Soltanto il 9% non se ne cura.
Fra le modalità ritenute più sicure dal punto di vista della privacy, per scambiare informazioni con i propri pazienti, oltre la metà dei medici (29%) indica l’interazione di persona in studio o a domicilio e (28%) il colloquio telefonico, un sesto circa (16%) le email e soltanto il 10% piattaforme o app specifiche per la comunicazione medico paziente; così come soltanto il 2% indica quelle per la telemedicina. Risposte che testimoniano gli ampi margini di diffusione che questo tipo di piattaforme e tecnologie hanno oggi in Italia.
Scarse, se non del tutto assenti, sono le conoscenze relative al GDPR: la metà (48%) dei medici interpellati afferma di non averne mai sentito parlare mentre il 25% ne è informato ma non saprebbe come spiegare l’argomento; solo 1 medico su 5 ne è in grado. A fronte di questi dati risulta quindi della massima importanza la formazione dei medici su questo fronte. Emerge il desiderio dei medici di ottenere delucidazioni anche e soprattutto grazie all’aiuto di esperti del settore capaci non soltanto di illustrare il quadro normativo ma anche di declinarlo nelle attività proprie del professionista della salute. Anche perché, come si evince dalle risposte date alla domanda “I medici, e il mondo scientifico più in generale, possono raccogliere e utilizzare i dati sanitari dei pazienti: cosa ne pensi?”, un medico su 5 (19%) afferma di temere che i dati sanitari dei pazienti possano essere divulgati a persone non autorizzate o usati per scopi illeciti.
Preoccupazioni che nascono dalla presa di coscienza di non essere informati neppure sulle tecnologie da usare nelle comunicazioni con i propri pazienti. Non è tutto: l’11% si dice sicuro che i dati sanitari dei pazienti siano utilizzati in modo improprio da parte di aziende o enti non autorizzati, ad esempio per fini commerciali. In questo senso emerge la necessità e il desiderio di operare in un ambiente operativo dove i dati e le comunicazioni siano protette e utilizzati nel rispetto delle normative sulla privacy.
A fronte di una mancanza di conoscenze dei capisaldi delle norme sulla sicurezza dei dati sensibili, non manca il riconoscimento dei vantaggi derivanti dall’aver accesso, da parte dei medici e del mondo accademico, ai dati sanitari dei pazienti: il 33% dei professionisti della salute interpellati afferma che avere accesso alla storia sanitaria dei pazienti può migliorare il processo di diagnosi e cura degli assistiti; il 16% è convinto che disporre di un maggior numero di dati sanitari può permettere alla ricerca medico-scientifica di evolvere più rapidamente mentre l’11% riconosce come la raccolta e la condivisione dei dati sanitari dei pazienti possa migliorare la qualità dell'assistenza sanitaria del Paese.
Infine, alla domanda “Cosa pensi possa essere fatto per favorire la privacy e la protezione dei dati in ambito sanitario?”, i medici e gli specialisti della salute non hanno dubbi: per il 25% del campione, occorre garantire una formazione adeguata al personale sanitario in merito alle normative sulla privacy e al trattamento dei dati; per il 12% una maggiore collaborazione tra medici ed esperti di sicurezza informatica per sviluppare soluzioni ad hoc per il settore sanitario; e per il 10% maggiori gli incentivi statali affinché i medici possano usare strumenti o tecnologie più avanzati e sicuri. In questo contesto, MioDottore rappresenta una soluzione eccellente per soddisfare le esigenze dei professionisti della sanità. Perfettamente adeguata al dettato del GDPR, consente a medici e pazienti di comunicare e condividere dati sanitari in un ambiente protetto, dove la sicurezza è garantita dai più alti standard informatici. Al database con le informazioni inerenti al paziente possono infatti accedere soltanto il medico e il paziente stesso e nessun altro.
Le esigenze di riserbo e sicurezza dei dati sono confermate anche dai pazienti che, nel 78% dei casi, indicano come importante o molto importante tenere in considerazione gli aspetti legati alla privacy nello scegliere le modalità di comunicazione con il proprio medico. Considerate più sicure, analogamente ai medici, sono le interazioni in studio (26,8%) e le telefonate (21,4%), meno le email e le piattaforme e app ad hoc. E tuttavia sono in tanti (21%) coloro che pensano che nessuna modalità di comunicazione si possa definire poco sicura o meno sicura delle altre, mostrando un evidente gap conoscitivo sulle tecnologie e gli strumenti disponibili in questo specifico settore. D’altra parte non hanno le competenze per un giudizio consapevole, dal momento che il 65,5% di loro non ha mai sentito parlare di GDPR e il 21,5% di chi ne ha sentito parlare non riuscirebbe comunque a spiegare l’argomento.
In linea con i medici, anche i pazienti sono consci dell’importanza di una corretta comunicazione con i medici (36,3% delle risposte) e che l’accesso ai dati sanitari da parte dei medici possa aiutarli a migliorare il processo di diagnosi e cura e (28,6%) a consentire un più rapido progresso della ricerca medico-scientifica. «I medici sono oggi chiamati a gestire una mole sempre più ampia di dati dei loro pazienti. Un compito difficile quanto delicato e dispendioso in termini di impegno e tempo. Pur riconoscendo l’importanza di una comunicazione e condivisione dei dati sanitari, la mancanza di adeguata formazione e informazione in questo ambito rappresenta un gap che non può essere sottovalutato - dichiara Luca Puccioni, CEO di MioDottore -. Per dare risposta alle esigenze dei professionisti della sanità, MioDottore ha sviluppato una piattaforma tecnologica evoluta, sicura e di facile utilizzo, da parte non solo dei medici e strutture sanitarie, ma anche dei pazienti. Uno strumento in grado di sollevare il medico da incombenze routinarie e burocratiche, come la gestione delle prenotazioni, e di affiancarlo nelle sue esigenze di comunicazione e condivisione dei dati. Non è tutto. MioDottore per stimolare il dialogo tra tutti gli attori della sanità, al fine di migliorare gli eventuali gap informativi e organizzativi grazie al supporto delle tecnologie, ha avviato un ciclo di incontri, “MioDottore Connect - Leading Digital Health Transformation” che, avviato fin da gennaio, proseguirà nel prossimo anno con nuovi appuntamenti dedicati alla formazione».