La direttiva UE, che tanto fa discutere diversi governi, definisce lo Smart Readiness Indicator (SRI) come il motore della trasformazione digitale e sostenibile degli edifici. In primo piano anche i sistemi BACS e il Digital Building Logbook
Gli edifici sono la maggior voce di consumo energetico nell’Unione Europea: circa il 40% degli utilizzi di energia, oltre la metà di quelli di gas (principalmente per riscaldamento, raffrescamento e acqua calda per uso domestico), nonché il 35% delle emissioni di gas serra legate all'energia, sono riconducibili agli edifici, residenziali e non.
A fronte di questo, circa un terzo del parco immobiliare nell’Unione ha più di 50 anni, e quasi il 75% è inefficiente sotto il profilo energetico, mentre il tasso medio annuo di ristrutturazione energetica è solo dell'1 percento. È naturale quindi che l’UE si sia concentrata negli anni su studi e provvedimenti per migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Uno degli esiti più recenti di questi sforzi è la cosiddetta “Direttiva case green”, cioè la Energy Performance of Buildings Directive (EPBD), approvata in via definitiva il 12 aprile 2024 (UE/2024/1275) ed entrata in vigore il 29 maggio. Da allora gli Stati membri hanno due anni per recepirla: per ora il governo italiano non ha ancora emesso i decreti attuativi per implementarla.
Gli obiettivi della direttiva case green
La direttiva case green è frutto di un lungo percorso iniziato 15 anni fa: è al suo quarto aggiornamento. Per questo è detta anche EPBD 4, o EPBD rivista o rafforzata. I suoi obiettivi sono molto ambiziosi: le emissioni di gas a effetto serra nell'edilizia devono ridursi di almeno il 60% entro il 2030 rispetto al 2015, e il parco immobiliare UE deve essere a emissioni zero entro il 2050. Per arrivarci, gli edifici residenziali devono ridurre il consumo medio di energia primaria del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, mentre il 16% degli edifici non residenziali con le prestazioni peggiori andrà ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033.
Inoltre dal 1º gennaio 2030 tutti i nuovi edifici devono essere a emissioni zero (non devono generare emissioni in loco da combustibili fossili), scadenza che per i nuovi edifici pubblici è anticipata di due anni, e dal 1° gennaio di quest’anno è vietato ogni incentivo per le caldaie a combustibili fossili.
La UE ha comunque specificato che la direttiva non introduce obblighi per i singoli proprietari di ristrutturare le proprie abitazioni. E neanche impone ai governi di adottare misure specifiche. Gli Stati membri possono arrivare agli obiettivi fissati tramite piani nazionali di ristrutturazione edilizia adattati alle specificità del loro parco immobiliare e territorio, prevedendo strumenti di finanziamento e incentivazione. Inoltre alcune categorie di edifici sono esentate: tra queste immobili inferiori a 50 mq, palazzi storici, edifici di culto o in zone protette, seconde case abitate meno di 4 mesi l’anno.
La digitalizzazione nell’edilizia
La direttiva “case green” sviluppa ovviamente molti altri elementi, tra cui l’introduzione di standard minimi di prestazione energetica per gli edifici esistenti, e una serie di disposizioni per eliminare gradualmente i combustibili fossili dal riscaldamento degli edifici e promuovere gli impianti a energia solare. Inoltre rafforza i sistemi di certificazione energetica introducendo i “passaporti energetici”, cioè tabelle di marcia che stabiliranno per ogni edificio le fasi di ristrutturazione per migliorare le prestazioni energetiche.
Qui però ci concentriamo sul contributo delle tecnologie digitali per realizzare gli obiettivi della direttiva. Notoriamente il settore costruzioni è lento nell’innovazione, ma la digitalizzazione inizia a incidere anche qui. I sistemi di controllo, raccolta e analisi dei dati, l’automazione, l’AI e tecnologie digitali come Building Information Modeling (BIM), Digital Twin, IoT, robotica, droni, Realtà Virtuale e Aumentata, stampa 3D, stanno cambiando profondamente la progettazione, costruzione, gestione e uso degli edifici. In particolare, in ambito “case green”, l’integrazione di BIM, Digital Twin e algoritmi di intelligenza artificiale, attualmente in fase embrionale, apre la strada a sistemi molto più precisi di ottimizzazione del consumo energetico degli edifici.
“Case green”: tre soluzioni digitali
Per ora la direttiva “case green” attribuisce un ruolo fondamentale soprattutto a tre soluzioni digitali:
- i Building Automation Control Systems (BACS), i sistemi di monitoraggio e automazione di tutti i sistemi di un edificio e relative funzioni (riscaldamento, ventilazione, raffreddamento, acqua calda, illuminazione, ecc.);
- il Digital Building Logbook, ossia registro digitale degli edifici;
- lo Smart Readiness Indicator (SRI), un indicatore per misurare la capacità di un edificio di migliorare le sue prestazioni energetiche attraverso tecnologie digitali e AI.
Per quanto riguarda i BACS, secondo uno studio promosso dall’associazione EU.BAC citato nel recente Osservatorio MIBA, l’introduzione della direttiva EPBD favorirà investimenti nel settore di 7,4 miliardi di euro l’anno sino al 2026 a livello europeo e, considerando che il patrimonio edilizio italiano è circa il 12% di quello europeo, di circa un miliardo l’anno in Italia. Dopo questo forte investimento iniziale, che consentirà di equipaggiare la maggior parte degli edifici pubblici con sistemi BACS, gli investimenti a livello nazionale si stabilizzeranno a circa 500 milioni l’anno fino al 2030 e poi, nel lungo periodo, a circa 60-100 milioni l’anno.
Il Digital Building Logbook è una sorta di “database dell’edificio”, cioè un archivio di tutti i dati che lo riguardano. In particolare conterrà tutti i dati relativi all’uso di energia, tra cui anche i certificati di prestazione energetica, i passaporti energetici, gli SRI. Ha lo scopo di facilitare il processo decisionale e la condivisione delle informazioni nel settore edilizio, nonché tra i proprietari e gli occupanti degli edifici, gli istituti finanziari e gli enti pubblici. Quanto allo SRI, addirittura è definito dalla UE il motore della trasformazione digitale e sostenibile degli edifici, e dovrebbe diventare una sorta di “certificato dinamico” dell’efficienza energetica dell’edificio.
Per definizione lo SRI deve misurare la capacità dell’edificio di usare le tecnologie digitali e AI per eseguire 3 funzionalità chiave: ottimizzare l'efficienza energetica e le prestazioni complessive, adattare il funzionamento alle esigenze dell'occupante, adattarsi ai segnali delle reti energetiche a cui è collegato. Più precisamente, lo SRI deve valutare le prestazioni dei servizi smart dell’edificio in 9 settori tecnici - riscaldamento, raffreddamento, acqua calda sanitaria, ventilazione, illuminazione, involucro dinamico dell'edificio, elettricità, ricarica dei veicoli elettrici, monitoraggio e controllo - sulla base di 7 impatti desiderati (efficienza energetica, manutenzione e previsione dei guasti, comfort, convenienza, salute, benessere e accessibilità, informazioni agli occupanti, flessibilità energetica e stoccaggio).
Edilizia, l’efficienza energetica non è solo tutela dell’ambiente
Tutto ciò richiederà la definizione di un framework per il calcolo del SRI, e soprattutto di una nuova categoria di soluzioni digitali, con sistemi di raccolta dei dati e appositi software di analytics, in grado di elaborare il tutto e produrre in output una classe SRI complessiva e un punteggio SRI per l’edificio. A tal fine, la Commissione Europea ha iniziato a contribuire alla definizione di un approccio di attuazione dello SRI con alcuni studi, che hanno portato a una prima metodologia di calcolo, poi testata su 112 edifici a livello europeo. Ne è emerso che l’implementazione di uno SRI comune nel settore edile dell’Unione Europea potrebbe portare a un risparmio energetico superiore al 5% entro il 2050, sbloccare investimenti per 181 miliardi di euro in 30 anni ed evitare ogni anno fino a 32 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra.
Più in generale, sottolinea la UE nella presentazione della direttiva “case green”, migliorare la prestazione energetica degli edifici non solo tutela l’ambiente e riduce le bollette energetiche, ma rende anche l’Europa più indipendente, e va a beneficio della salute e del benessere dei cittadini. Inoltre gli investimenti nell’efficienza energetica contribuiscono a stimolare l’economia, a sostenere i settori industriali dell’UE e a creare più posti di lavoro verdi. Il settore edile contribuisce per circa il 9,6% al valore aggiunto della UE e impiega quasi 25 milioni di persone in circa 5,3 milioni di imprese.
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