: "I rischi del lock-in" La sovranità secondo Aruba.it
Ogyre è la prima piattaforma italiana che sviluppa un modello circolare per recuperare la plastica dal mare attraverso l’attivazione e il coinvolgimento di un network di pescherecci (regolarmente remunerati). E dalla plastica recuperata in mare nascono nuovi prodotti.
Si chiama OGYRE, ed è la prima azienda in Italia a fare del suo core business il “fishing for litter”, ovvero un modello virtuoso che punta a ripulire i mari dalla plastica grazie all’aiuto dei pescatori, che - regolarmente remunerati e sollevati dagli oneri di conferimento dei rifiuti causati da un buco normativo - “pescano” i rifiuti dal mare e li portano a riva, dove, con il contributo di alcune ONG, vengono stoccati per essere riciclati e trasformati in nuovo materiale. Un modello circolare, che chiude poi il cerchio con la realizzazione di costumi da bagno “plastic-positive”, prodotti con un filato derivato proprio dalla plastica, il cui ricavato sostiene il finanziamento dei pescherecci.
OGYRE (www.ogyre.com), startup innovativa a vocazione sociale e Società Benefit italiana fondata da Antonio Augeri e Andrea Faldella, deve il suo nome alle “ocean gyres”, le correnti oceaniche fondamentali per l’ecosistema ed oggi purtroppo note ai più solo perché intrappolano la plastica in enormi isole di rifiuti della plastica dal mare, ed ha come missione salvaguardare il mare e ripensare i modelli di consumo e di business tra uomo e ambiente, permettendo ad ognuno di “agire per il mare” proprio grazie al “fishing for litter”. Risolvendo, così, anche un buco normativo. “La plastica negli oceani è uno dei più grandi problemi ambientali dei nostri tempi, basti pensare che ogni anno finiscono in mare 11 milioni di tonnellate di plastica, che mettono a rischio la vita di 1,4 milioni di specie che vivono sott’acqua. Una quantità di rifiuti che impatta, oltre che sull’ambiente, anche economicamente sul settore “pesca” per oltre 61 milioni di euro all’anno. Chi, meglio dei pescatori, può aiutarci a risolvere il problema? – racconta Antonio Augeri, CEO e co-fondatore di OGYRE – Il 'fishing for litter' non è altro che la raccolta dei rifiuti durante le normale attività di pesca: coinvolgiamo i pescherecci per farci aiutare a riportare a terra la plastica raccolta dalle reti, per una media di 60 kg al mese per ciascuna barca. In cambio, li remuneriamo e li solleviamo da qualsiasi onere (di responsabilità ed economico) che deriva dallo smaltimento. Sì, perché il problema è che in Italia la 'pesca' dei rifiuti è ostacolata dalle normative vigenti, che assimilano i rifiuti marini ai rifiuti speciali; di conseguenza i costi e la responsabilità penale sono a carico dei pescatori, tanto che spesso questi ultimi sono costretti a ributtarli in mare invece di riportarli a terra. Ed è qui che interveniamo noi di OGYRE, per supportare economicamente e logisticamente i pescatori nel recupero e nello smaltimento dei rifiuti”.
I rifiuti raccolti vengono stoccati direttamente a bordo in appositi sacchi, e una volta a terra, vengono smistati, catalogati e smaltiti correttamente attraverso Istituti di ricerca o ONG partner di Ogyre che operano sul territorio: così si può studiare lo stato di salute del mare e mappare rifiuti e tipologia di impatto sugli ecosistemi marini. Il fishing for litter ha molteplici vantaggi: è una pratica semplice che non richiede implementazioni tecnologiche, ma sfrutta le reti dei pescatori che giornalmente vivono il mare. È vantaggiosa oltre che per l’ecosistema marino, per la salute dell’uomo e porta benefici sia per la pesca che per il turismo e le comunità locali.
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